Manlio Dinucci
«Finché vi saranno armi nucleari, la Nato rimarrà un’alleanza nuclearizzata»: è questa la direttiva di Washington che il segretario generale dell’Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen sta trasmettendo e che gli alleati europei hanno approvato alla riunione dei ministri della difesa, svoltasi a Bruxelles il 14 ottobre, in preparazione del Summit dei capi di stato e di governo il 19-20 novembre a Lisbona.
In altre parole, gli Stati uniti manterranno in Europa un arsenale nucleare. Eppure nello «storico» discorso di Praga del 5 aprile 2009, il presidente Barack Obama dichiarava che gli Stati uniti faranno passi concreti verso un mondo senza armi nucleari, rafforzando il Trattato di non-proliferazione che impegna i paesi nucleari ad eliminarle e quelli non-nucleari a non acquisirle. Lasciava quindi intendere di essere favorevole alla rimozione delle armi nucleari Usa dall’Europa. Su questa base, cinque membri europei della Nato – Germania, Belgio, Lussemburgo, Norvegia e Olanda – avevano espresso l’intenzione di sollevare la questione al Summit di Lisbona.
Come stanno le cose emerge dal rapporto U.S. non-strategic nuclear weapons in Europe: a fundamental Nato debate, presentato in ottobre da un comitato dell’Assemblea parlamentare della Nato. Anzitutto esso conferma che non si conosce quante siano esattamente le armi nucleari non-strategiche (con gittata inferiore ai 5500 km) che gli Usa mantengono in quattro paesi europei della Nato – Italia, Belgio, Germania, Olanda – e in Turchia. Secondo una stima al ribasso, citata nel rapporto, sarebbero 150-200, di cui 70-90 in Italia (ad Aviano e Ghedi-Torre). Secondo altre stime, almeno il doppio. Sono bombe B-61 in diverse versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore della bomba di Hiroshima). Tra queste, probabilmente, la B61-11 che può penetrare nel terreno così da creare, con l’esplosione nucleare, un’onda d’urto capace di distruggere obiettivi sotterranei. Tutte queste bombe sono tenute in speciali hangar insieme ai cacciabombardieri F-15, F-16 e Tornado, pronti per l’attacco nucleare.
Il rapporto conferma che esistono «accordi nucleari bilaterali» segreti, in base ai quali una parte di queste armi può essere usata dalle forze armate dei paesi ospitanti una volta che gli Usa ne abbiano deciso l’impiego. Ma, si ricorda nel rapporto, i fautori del controllo degli armamenti sostengono che «la Nato ha la responsabilità di porre fine a tale pratica di condivisione nucleare», poiché viola il Trattato di non-proliferazione: esso vieta agli stati in possesso di armi nucleari di trasferirle ad altri (Art. 1) e a quelli non-nucleari di riceverle da chicchessia (Art. 2).
Tra l’opzione di mantenere le armi nucleari Usa in Europa così come sono e quella di ritirarle completamente, vi sono delle proposte intermedie. La più accreditata, secondo il rapporto, è quella della US Air Force di «raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche». Secondo la maggior parte degli esperti, «le località più probabili per tale ridislocazione sono le basi sotto controllo Usa di Aviano, in Italia, e Incirlik, in Turchia». Significativo, rileva il rapporto, è che –alla riunione dei ministri degli esteri della Nato nell’aprile 2010 – la questione delle armi nucleari Usa in Europa è stata sollevata da Germania, Belgio e Olanda, mentre Italia e Turchia sono rimaste in silenzio. Ciò lascia presupporre che il governo italiano abbia già dato segretamente il suo consenso al piano di rimuovere le armi nucleari Usa da Germania, Belgio e Olanda per raggrupparle ad Aviano, dove verrebbero trasferite anche quelle di Ghedi-Torre.
Ad Aviano è dislocato il 31st Fighter Wing, composto di due squadriglie di cacciabombardieri F-16 – 510th Fighter Squadron e 555th Fighter Squadron. La sua missione è quella di «fornire potenza di combattimento da un capo all’altro del globo per conseguire gli obiettivi degli Usa e della Nato». Potenza anche nucleare, come mostra l’emblema del 510th Fighter Squadron in cui, accanto all’aquila imperiale, vi è il simbolo dell’atomo con tre fulmini che colpiscono la terra.
(il manifesto, 28 ottobre 2010)